LA BOTTEGA DEL CAFFE’ – UNA STORIA DI INTRIGHI E VELENI

di Luca Scarlini da “La bottega del caffe’” di Carlo Goldoni – con Elia Schilton, Beppe Rosso, Riccardo Lombardo, Cinzia Spanò, Paolo Giangrasso, Ornella Balestra – regia Beppe Rosso – assistente alla regia Irene Zagrebelsky – coreografie Ornella Balestra – luci Cristian Zucaro – costumi Laura Dondoli e Sofia Vannini – direttore di scena Francesco Mina – fonico Paolo Calzavara – una produzione ACTI TEATRI INDIPENDENTI, FONDAZIONE TEATRO STABILE DI TORINO, RESIDENZA MULTIDISCIPLINARE DI RIVOLI con il sostegno del SISTEMA TEATRO TORINO E PROVINCIA

anno di produzione 2012

 

Nel 1750 Goldoni compone sedici commedie, introdotte dal manifesto de “Il teatro comico”. e’ in questo gruppo che fa la sua prima apparizione “La bottega del caffè”, destinata a diventare un titolo celebre. Un’opera da subito entrata nel canone, eppure piena di misteri e ambiguità; un titolo che nel tempo ha suscitato riletture complesse, come quella di Rainer Werner Fassbinder.

L’idea del progetto è quella di una scrittura nuova, che, senza tradire la scansione, i temi e le battute micidiali del testo originale, parli ad un oggi segnato dalla crisi economica e dal dominio dell’informazione. Gli intrighi e le vicende del testo sono, senza forzature, quelle del gossip che oggi impera tutto schiacciando e distruggendo. Don Marzio davvero è l’antesignano dei mille cronisti di gossip che oggi stabiliscono un proprio potere con rivelazioni più o meno scottanti, in un gioco perverso. Eppure, allo stesso tempo, egli è anche capro espiatorio di un mondo regolato da un duro meccanismo di sfruttamento economico di cui non capisce il senso e in cui crede di poter avere un posto per tramite del suo controllo sull’informazione. Straniero (napoletano a Venezia), vive infatti in un mondo di cui cerca disperatamente di comprendere le regole fino a diventare ostaggio delle sue stesse parole.

Nel testo il denaro ha un peso schiacciante e Ridolfo “onesto caffettiere”, portavoce di una morale ricattatoria, malgrado tutti i suoi moralismi, è in sostanza alla ricerca del potere. Egli gioca una partita senza esclusione di colpi con il biscazziere Pandolfo per la supremazia del territorio.

I personaggi femminili, apparentemente deboli, rivelano invece una concretezza estrema e un dolore che riesce a smuovere i personaggi maschili dediti unicamente all’economia o alla cieca pulsione dei sensi.

Il gioco d’azzardo è infine la metafora principale, intorno ad un tavolo, della bisca o del caffè, si definisce il destino di una serie di personaggi che disperatamente cercano la propria autenticità, non riuscendo a togliersi di dosso le incrostazioni di un vivere sociale basato sul controllo di tutti contro tutti; dove Don Marzio, vittima e carnefice, si assume il compito di velenoso cantastorie di un ambiente che è in bilico tra farsa e tragedia.